ReFreeX e le norme

Gli impianti ReFreeX hanno una carica di refrigerante ridotta dell’80%, non hanno ricevitore di liquido, né resistenze di sbrinamento; da ciò discende una riduzione dei requisiti di legge, oggetto del presente capitolo.

ReFreeX e la MD

Dal punto di visto della direttiva macchine, mancando le resistenze di sbrinamento, non occorre una sicurezza elettromeccanica sullo sbrinamento. Quando lo sbrinamento è elettrico, invece, non è consentito affidare il fine sbrinamento esclusivamente alla sonda collegata al controllore elettronico, in quanto un’avaria nell’hardware o nel software del sistema di comando, ovvero un errore di logica del sistema di comando rischierebbero di lasciare acceso lo sbrinamento oltre il limite. Se ciò può provocare un incendio o comunque un pericolo per le persone, allora la sicurezza è inadeguata.

La stessa situazione si ha sulla sicurezza di alta pressione: sarebbe pericoloso affidarsi solo a un trasduttore di pressione collegato al controllore.

Per le ragioni esposte, il controllore master del ReFreeX ha tre ingressi di sicurezza, INP-1, 2, e 3, collegati ad altrettanti microrelè, che a loro volta interrompono l’alimentazione ai tre relè principali della scheda, corrispondenti alle uscite OUT-4, 5, e 6. A ognuno dei tre ingressi è possibile collegare una sicurezza elettromeccanica, attraverso la quale passa l’alimentazione al microrelè, il cui contatto fornisce la massa al relè principale; a quest’ultimo il chip del controllore fornisce l’alimentazione positiva. L’uscita principale è attiva solo quando la sicurezza è chiusa e il chip chiama; da un eventuale problema software o hardware non discendono pericoli.

Allo stesso tempo, il controllore rileva lo stato della sicurezza, aperta o chiusa, con economia di cablaggio.

Negli impianti singoli i tre relè principali pilotano il compressore, l’evaporatore e lo sbrinamento; agli ingressi di sicurezza si può collegare il pressostato, la pasticca termica dei ventilatori dell’evaporatore, e l’eventuale termostato di sicurezza in caso di sbrinamento elettrico. Nelle centrali frigorifere i tre relè principali pilotano i compressori, per cui a ogni ingresso è collegato un pressostato.

ReFreeX  e la PED

In assenza di ricevitore di liquido, spesso gli impianti ReFreeX sono esclusi dalla PED e ricadono nel relativo articolo 3.3. Talvolta si arriva nella categoria I, a causa del diametro delle tubazioni o della classe del condensatore, dell’evaporatore, o del separatore di olio. Anche in categoria I, gli impianti sono esclusi dall’ambito di applicazione
della PED, in base all’articolo 1.3.6, in quanto già soggetti alla direttiva macchine. Non si arriva quasi mai nella categoria II della PED, che richiederebbe l’ente notificato, con costo aggiuntivo, non sempre corrispondente a un valore aggiunto.

In ogni caso è utile minimizzare la categoria PED. Partendo dalle tubazioni, il diametro esterno 42 mm corrisponde al DN 32, vedi tabella seguente, non soggetto a PED, vedi figura seguente; per cui spesso la linea liquida e lo scarico sono sotto alla categoria I.

DNdiam. est. in mmDNdiam. est. in mm
1018.05060.3
2026.76576.1
2533.48088.9
3242.190101.6
4048.3100108.0
DN delle tubazioni in rame secondo EN 14276-2:2007.
Categorie PED delle tubazioni per fluidi del gruppo 2

Categorie PED delle tubazioni per fluidi del gruppo 2

Per la linea aspirante, un diametro esterno 76 mm corrisponde al DN 65; sino a una PS di bassa pari a 15 bar (=1000/65), si resta sotto alla categoria I. Per ambienti con temperatura esterna sino a +38 C, in base alla tabella seguente, la temperatura di saturazione del refrigerante sul lato di bassa dovrebbe non superare i 33 C, quindi la pressione di saturazione dell’R404A sarebbe attorno a 14.3 bar, per cui la tubazione aspirante da 76 mm resterebbe sotto alla categoria I. Si può restare sotto anche quando la temperatura esterna è superiore ma la carica di refrigerante è particolarmente ridotta rispetto al volume del circuito.

Ambiente esterno32 °C38 °C43 °C55 °C
Lato di alta pressione con condensatore ad aria55 °C59 °C63 °C67 °C
Lato di bassa pressione con evaporatori all’interno27 °C33 °C38 °C38 °C
Temperature di progetto specifiche in base al clima

Per quanto riguarda il condensatore ad aria, è possibile ordinare modelli a doppio circuito, eventualmente con collettori ridotti a 35 mm, in modo di non raggiungere la categoria I della PED.

Per l’evaporatore, quando il costruttore lo pone in categoria I, è possibile riclassificarlo tenendo conto della pressione PS del lato di bassa dell’impianto considerato, talvolta tornando sotto alla categoria I.

Nei condensatori ad acqua il lato refrigerante costituisce un recipiente in pressione con funzione di ricevitore di liquido; restare sotto alla categoria II è molto difficile; si può ipotizzare come caso limite un condensatore modello CPS260 della Alfa-Laval con 260 kW nominali ad acqua di torre e volume di 20.6 litri, che resta in categoria I sino a 9.7 bar, pari a 42.0 °C con R134a. Un altro modello interessante è il CPS80 della Alfa-Laval con 82 kW nominali ad acqua di torre e volume di 8.5 litri, che resta in categoria I sino a 23.5 bar, pari a 52.9 °C con R404A. Si possono anche montare più condensatori in parallelo per ridurre la categoria.

Negli evaporatori ad acqua il refrigerante è confinato all’interno dei tubi, tuttavia la PED non fa sconti e considera gli evaporatori come recipienti, anche sul lato acqua, in quanto l’assimilazione degli scambiatori alle tubazioni è valida solo per quelli ad aria. Si riesce bene a rimanere entro la categoria II, utilizzando evaporatori con quattro circuiti in parallelo; esistono modelli con resa nominale 450 kW e volume 13.2 litri per ognuno dei quattro circuiti paralleli.

I separatori d’olio sono veri e propri recipienti in pressione, e ricadono in genere nella categoria I o II della PED. In centrale, per evitare di passare dalla I alla II, si può installare un separatore per ogni compressore.

In conclusione, lo studio dell’impianto per ridurre la categoria PED non è un sotterfugio, è legale, e talvolta migliora la sicurezza.

ReFreeX e la EN 378

Se un impianto è conforme alla norma EN 378 si presume che rispetti la PED. Se un impianto non è soggetto alla PED, si può evitare di applicare la EN 378? No! perché la sicurezza resta un obbligo di legge, inoltre la protezione dell’ambiente e della proprietà del cliente sono, perlomeno, obblighi morali.

Forse in lingua inglese il quadro è più chiaro: la norma si chiama standard e stabilisce lo stato dell’arte. Chi può desiderare di vendere o di acquistare un impianto non a regola d’arte o non rispondente agli standard di sicurezza e qualità europei?

La tecnologia ReFreeX riduce la carica di refrigerante dell’80%; è più facile restare sotto al limite pratico previsto dalla EN 378. Si deve fare il possibile per non raggiungerlo, e quando ciò non è possibile occorre verificare che la norma lo permetta, informando il proprietario/conduttore, il quale deve prendere le necessarie contromisure.

Quando è consentito superare il limite pratico, si presuppone che negli ambienti si trovi personale informato e eventualmente addestrato; ciò costringe il proprietario/conduttore a gestire il rischio: servono analisi, procedure e addestramenti.

La norma non somma le cariche di refrigerante presenti in diversi circuiti, considerando solo la carica massima, tuttavia l’installatore deve analizzare la situazione per stabilire se vi sia un rischio concreto di fuga congiunta degli impianti.

Per quanto riguarda le tubazioni, fino al DN 100 (diametro esterno 108 mm), la norma EN 14276-2:2007 le classifica in categoria X; la tracciabilità del materiale non è richiesta.

La PED richiede procedure e personale qualificato per le brasature; a partire dalla categoria II è necessario l’intervento dell’ente notificato. L’appendice B della EN 378-2, al punto 5.5, chiarisce che gli assiemi possono essere scomposti in sotto assiemi, per determinare la categoria più bassa possibile delle giunzioni. Generalmente le tubazioni brasate in cantiere dall’installatore non arrivano alla categoria II, e spesso neanche alla I.

Come nota tecnica, la PED e le norme si riferiscono alle giunzioni permanenti che contribuiscono alla resistenza alla pressione, comunque la EN 14276-1:2006, al punto 7.4.5.3, riferendosi ai recipienti, stabilisce che le giunzioni brasate siano considerate permanenti.

Per quanto riguarda le protezioni, conviene limitarsi a 10 kg di carica, caso in cui, in assenza di recipienti in pressione, un pressostato di alta per ogni compressore è sufficiente. Superando i 10 kg o installando un recipiente in pressione, il pressostato è adeguato solo per i compressori che spostano meno di 90 m3/h.

In merito alla sala macchine, conviene tenersi sotto al limite pratico anche qua. Alcuni requisiti troppo stringenti della EN 378-3 possono essere aggirati considerando il locale come occupato in classe C, per cui si applica soltantola EN 378-1. Allo scopo basta mettere in comunicazione la sala macchine con un ambiente occupato o anche creare una postazione di lavoro per operazioni di manutenzione. Mediante un puro ragionamento, si potrebbe concludere che i requisiti per gli spazi occupati sono necessariamente sufficienti anche per le sale macchine.

 

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